Presepi storici: il Presepio in Sardegna

Presepio nella Cripta di Santa Restituta
Presepio nella Cripta di Santa Restituta (Cagliari)

Dalla diffusione delle tradizioni alla realizzazione del primo Presepio artistico Sardo.

Articolo di Giuseppe Schirra tratto da “Il Presepio” n. 27 del mese di ottobre 1961

Fin dai tempi più remoti il Mistero della Natività di N.S. Gesù Cristo fu in Sardegna, tra le sue generazioni, oggetto di devozione religiosa e di ispirazione artistica, sia nel campo poetico, come in quello della pittura e della scultura. E’ storicamente accertato che nel lontano 1220, la Chiesa di Santa Maria in Portu e Gruttas in Cagliari, alle falde della collina di Bonaria (oggi distrutta) fu consegnata in commendatizia a Frate Giovanni dell’ordine di San Francesco perché la officiasse con i suoi Confratelli e da un atto notarile dei quell’epoca risulta, tra le suppellettili Sacre di quella chiesa, un Presepio; quindi a testimoniare che subito dopo il 1223 allorché a Greccio, il Serafico San Francesco d’Assisi creava il primo presepio vivente, i primi a portare l’uso del Presepio in Sardegna furono proprio i Padri Francescani. La Natività, detta in lingua sarda “Su Nascimentu” veniva ricordata, specie nel periodo natalizio, oltre che nelle chiese e negli istituti religiosi in tutte le istituzioni culturali e nelle famiglie con l’allestimento del Presepio.

Questo nelle parrocchie veniva preparato nell’altare maggiore, costruendo la capanna con l’armatura in legno, rivestita di tela dipinta con terre coloranti; nel centro di questa venivano sistemati i personaggi della Sacra Famiglia, con i visi scolpiti nel legno ed il corpo formato di canne rivestite con abiti confezionati di stoffa. Completavano l’ambiente presepistico, cespugli di mirto detto in sardo “murta” vegetazione che abbonda sulle montagne dell’Isola Sarda. Nella parrocchia di Selargius (Cagliari) un registro parrocchiale riporta sotto l’anno 1774 che il Mistero della Natività veniva appunto collocato circondato di fresco e aromatico mirto.

Nella vetusta chiesa di Santa Restituta in Cagliari, la cui costruzione risale al 500, esiste un gruppo della Natività con i visi di legno e i busti di canne. Nella chiesa dei Padri Cappuccini in Cagliari preparano un artistico Presepio meccanico da moltissimi anni. Nella sagrestia della chiesa monumentale di San Michele in Cagliari, retta dai Padri Gesuiti, esistono delle bellissime tele raffiguranti alcune scene della Natività e della Strage degli Innocenti inquadrate con delle cornici intarsiate sul legno, dorate che risalgono al 600. Nelle famiglie si preparava il Presepio con personaggi di creta modellati in loco, la capanna, piccoli ponti, case e fontanelle, venivano costruite di sughero. Inquadravano il Presepio grossi rami di pino, cosparsi di fiocchi di cotone per imitare la neve; allora non era ancora introdotto in Sardegna l’uso dell’Albero di Natale, quindi il Presepio costituiva la primaria ed interessante iniziativa di tutte le famiglie nel periodo Natalizio.

L’uso del Presepio si diffuse così in tutta la Sardegna, là dove vi erano anime amanti del grande Mistero dell’Incarnazione. Prescindendo da quelle che erano le usanze del meridione d’Italia, in Sardegna l’allestimento del Presepio ha avut e conservato sempre un suo proprio carattere tradizionale, basta dare uno sguardo a quelli che sono i presepi allestiti negli stazzi della Gallura e dell’Anglona ed in modo particolare a quelli del Logudoro; volendo stare così, non solo alle tradizioni, ma soprattutto all’insegnamento e l’educazione spirituale che dalla capanna di Betlemme proveniva alle popolazioni dedite nella quasi totalità alla pastorizia. Grande fu in tutte le plaghe dell’Isola il fervore spiegato nell’allestire i tradizionali Presepi natalizi. La notte Santa di Natale, nei paesi nel cuore dell’Isola, specie in quelli appollaiati nelle pendici del Gennargentu, i pastori e tutto il popolo semplice, riuniti attorno alla culla di Gesù Bambino, cantano, come nei tempi più lontani “Is Goccius” ossia la ninna nanna al Divin Redentore

Celesti tesoru d’eterna allegria
Dormi fida e coru, riposa anninnia
Riposa Signori, dormi fillu ammau
A terra mandau po su peccadori
Dormi, cun amori ti canta Maria
Dormi cun riposu suavi e continu
Deus Unu e Trinu decoru piedosu
In celo ses gosu in terra allegria
Dormi fida e coru riposa anninnia.

Nel 1944 appena terminata la guerra, quando ancora in Cagliari fumavano le macerie delle case distrutte dai bombardamenti effettuati nelle incursioni aeree nemiche, i Giovani insegnati Giuseppe Schirra e D’Angelo Antonio fondarono l’Associazione G.I.O.C. Sacro Cuore, Gioventù Operaia Italiana Cattolica nell’ex Chiesa di Santa Restituita, a loro ceduta come sede dal compianto Arcivescovo di Cagliari Mons. Ernesto Maria Piovella.

Accoglieva allora una massa di circa trecento giovani operai, con lo scopo di svolgere a beneficio della Gioventù opera educatrice, morale e sociale. Mancava allora ogni mezzo ricreativo ed i giovanissimi dirigenti occupavano i loro soci operai nell’allestimento del Presepio e nella Sacra Rappresentazione del Presepio vivente, spettacolo, artisticamente preparato che accoglieva un folto numero di spettatori di Cagliari e dai Paesi circonvicini. Questo spettacolo tra i colori dei quadri e le nenie natalizie faceva rivivere il Mistero dell’Incarnazione, fu presentato al pubblico cagliaritano dal 1944 al 1955. Nel 1956 i sunnominati dirigenti insegnanti Giuseppe Schirra, Enzo Meloni ed il sig. Antonio D’Angelo, idearono e crearono il primo Presepio Sardo. L’ampia gamma di colori dei costumi sardi diedero al Presepio un carattere tutto particolare, singolare nella sua unica bellezza artistica e folcloristica.

Nell’artistico Presepio furono compendiate tutte le usanze caratteristiche locali, dal magnifico paesaggio ricco di verdi distese, nelle quali, come perle incastonate appaiono i numerosi Nuraghi, le case del Campidano con “is lollas” loggiati della tipica costruzione sarda, i pastori della Barbagia con la mastrucca, i suonatori di “launeddas” le donne con le “palineddas”, corbyle in testa che portano i doni al Divino Infante, altre che attendono ai lavori domestici, di tessitura sui caratteristici telai sardi, le venditrici di torrone ed il ballo sardo, i carri allegorici detti “traccas” l’antica milizia sarda a cavallo, il tutto crea l’ambiente folcloristico della terra di Sardegna, ammirazione e vanto dei visitatori giunti dai più lontani centri dell’Isola e dal Continente.